L’olio è un prodotto che ha segnato diverse economie e diversi popoli; ma seguiamo da vicino le varie tecniche usate per l’estrazione di questo prezioso prodotto.

1. Una delle più antiche tecniche usata dagli Egiziani consisteva nel pestare le olive con l’aiuto di un grosso sasso all’interno di una pietra cava. Il liquido, attraverso scanalature, colava direttamente in cavità adiacenti. Seguiva la pressatura della pasta ottenuta, racchiusa in una fitta corona di ramoscelli di olivo (una sorta di fiscoli primitivi), e posta sopra una pietra piana, sotto il peso di alcuni massi.
Il mosto oleoso era raccolto e versato in recipienti di terracotta, dove lo si lasciava riposare per qualche tempo, in modo da consentire all’olio, piu leggero, di affiorare per essere separato dalle acque di vegetazione.
2. Una versione leggermente più evoluta di pressa era rappresentata dai torchi a sacco, robusti sacchi di tela che venivano riempiti di olive già pestate, per poi essere fortemente attorcigliati con l’ausilio di due bastoni , inseriti negli appositi cappi realizzati alle due estremità.
3. La vera rivoluzione nel campo della spremitura si ebbe però con l’introduzione della pressa a leva dove la trave grazie al carico di grossi massi preme sulla colonna di fiscoli in fibre intrecciate contenenti la pasta macinata di olive. Apposite canalette convogliano l’olio nei recipienti di raccolta.
4. Durante l’epoca greca e quella romana si svilupparono altre forme di spremitura che si basavano sul principio di leva “sopra descritto”, del cuneo e più tardi della vite.
E proprio quest’ultimo ideato da Archimede nel III secolo a.C. si diffuse pienamente nell’industria olearia. Esso consisteva nel sostituire il tradizionale tamburo a razze con una vite verticale, fissata al pavimento e al soffitto mediante due cuscinetti e inserita all’estremità della trave tramite una controvite. Facendo ruotare la vite in un senso o nell’altro mediante un bastone si poteva agevolmente sollevare o abbassare la trave. Attraverso le aperture di un secondo paio di pilastri, posti tra il piano della pressa e la vite, venivano inseriti trasversalmente dei listelli che, mantenedo sollevata la trave, agevolavano le operazioni di carico e scarico. Introdotti i fiscoli sul piano della pressa, si iniziava a ruotare la vite spingendo la trave verso il basso e, togliendo via via i listelli da sotto, li si inserivano sopra la trave non appena la pressione, con il defluire dell’olio, tendeva a diminuire. Era in tal modo garantita una pressione costante sino alla completa spremitura delle olive.
Queste tecniche si protraggono per diversi secoli fino al 1700 fatta eccezione per un dispositivo ideato da Leonardo Da Vinci ” strettoio per olio.
La leva orizzontale posta in alto, ricurva a destra e contrappesata a sinistra, ruota sul perno e agisce sulla ruota dentata. Questa funge da madrevita per la vite senza fine verticale, che preme direttamente sui fiscoli.
5. Un vero indizio dell’evoluzione della tecnologia olearia, che assunse così un carattere industriale, va ricercato nell’impiego dell’acqua come forza motrice.
Il frantoio a trazione animale rimase come simbolo di un’economia familiare e di un mercato a carattere prevalentemente locale. I moderni oleifici, date le notevoli dimensioni dei nuovi impianti, abbandonarono le abitazioni rurali e si trasformarono in appositi edifici costruiti sulle rive dei corsi d’acqua o serviti da canali artificiali.
La forza dell’acqua rese possibile la lavorazione contemporanea di più macchine; gli operai si trasformarono in tecnici specializzati, addetti ciascuno a una singola fase produttiva.
6. L’estensione dell’energia idraulica ai torchi dovrà attendere l’inizio del XIX secolo.
Nell ‘Ottocento – Novecento si sviluppano nuovi sistemi per l’estrazione dell’olio:
nascono i torchi o presse idrauliche capaci di operare l’estrazione fino al completo esaurimento delle sanse. Vi compariva per la prima volta la guida centrale in metallo cavo, detta anche foratina per la sua superficie fittamente bucherellata. Questa sosteneva la torre di fiscoli attraversandone verticalmente tutti gli elementi. Il mosto oleoso che si liberava con la pressione veniva raccolto in un apposito recipiente dotato di tubi di scarico posti alle altezze opportune per separare automaticamente l’olio dalle acque di vegetazione.
Per la separazione dell’olio dal mosto estratto con la pressatura venne introdotta una nuova categoria di macchine: le centrifughe.
Queste si basavano sul diverso peso specifico dell’acqua e dell’olio presenti nel mosto oleoso. All’interno di un cono rotante a velocità molto elevata l’acqua, spinta dalla forza centrifuga, tendeva a portarsi all’esterno, lasciando l’olio, relativamente più leggero, ad accumularsi verso il centro. Dai tubi di scarico, che comunicavano con le due diverse zone della centrifuga, si osserva l’uscita, rispettivamente, di acqua e olio già separati.
L’olio ottenuto dalla centrifugazione era già suscettibile di commercializzazione.
Da quest’ultimo poi si è giunti alla modernità dei giorni nostri ma quella ve la racconteremo durante la raccolta che è prossima ad arrivare.